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Colere, situato nella piccola Valle di Scalve, è racchiuso in una conca a 1006 m.s.l. alle pendici della parete Nord della Presolana e così vicino ad essa che nei mesi invernali rimane oscurato dalla sua lunga ombra. La Valle di Scalve è la più piccola delle Valli bergamasche, confinante a Nord con la Valtellina, a Sud-Est con la Valle Camonica e a Ovest con la Valle Seriana
  Le vie di accesso a Colere sono due: salendo da Bergamo e attraversando gran parte della Valle Seriana si arriva al Passo della Presolana, oppure da Brescia, lungo la Valle Camonica, all'altezza di Darfo Boario Terme, si imbocca la Via Mala, una stretta ed impressionante fenditura nella roccia simile ad un canyon.
 Altri valichi di importanza storica per motivi commerciali sono il Passo della Manina, che scende verso Lizzola in Val Bondione, il Passo dei Campelli e del Vivione che collegano la Valle di Scalve alla Valle Camonica e i Passi Belviso e Venerocolo che sboccano in Valtellina. Il paese di Colere è da ritenersi il centro abitato più antico della Valle. C'è chi pensa che possa farsi risalire addirittura a molti secoli a.C. e alcuni reperti farebbero anche supporre a più di 1000 anni a.C.
  L'origine del nome Colere è tutt'ora abbastanza sconosciuta, anche se si pensa possa derivare dalla radice indoeuropea "Kwel" che significa "coltivazione-protezione". Questo sta a significare che i primi abitanti di questo paese furono dei coltivatori. Un'altra ipotesi abbastanza accreditata è quella del famoso geografo italiano Nangeroni, che farebbe risalire il nome del paese al nome scientifico della pianta del nocciolo, presente in abbondanza nei boschi dell'antica contrada di Carbonera: Corylus Avellana.Altre attività svolte in Valle erano la pastorizia, la produzione del carbone (da qui l'origine del nome Carbonera) e l'estrazione del minerale. Di nessuna di queste però si conoscono le origini e quindi non sono databili nella storia del paese di Colere.
  L'attività mineraria non era presente solamente a Colere e nel comprensorio della Presolana (dove si estraevano fluorite ed i minerali del piombo e dello zinco), ma era estesa in tutta la Valle di Scalve (miniere di Ferro in Manina e soprattutto a Schilpario) e oltre (Val Bondione, zona del Belviso, Ardesio).L'estrazione fu praticata fin da antichissimi tempi (fin dal tempo dell'Impero Romano) ed il minerale veniva trattato sul posto e spedito nei centri della Valle Camonica. Per testimonianza di passati scrittori sappiamo che nelle antiche miniere di Scalve il minerale veniva estratto per mezzo di scalpelli, cunei, picconi e leve e a lavorare in miniera c'erano anche donne e bambini. Quest'ultimi portavano il minerale all'esterno della miniera con i "gerlini" di legno e, grazie alla loro piccola statura ed agilità, non c'era bisogno di fare gallerie di avanzamento eccessivamente grandi. L'impiego della polvere da mina fu introdotto in Valle intorno alla metà del 1600. Questo segnò una svolta e un cambiamento drastici nei metodi d'estrazione, nel rendimento del lavoro e quindi nella quantità di minerale estratto. Dopo l'impiego della polvere da mina ne consegue un periodo redditizio e di intensa estrazione a Colere e nella Valle fino al XVIII° secolo, dopodiché si sono verificate fasi altalenanti, le quali si riflettevano direttamente sull'economia e il benessere (o la miseria) degli abitanti della Valle. Le vicende economiche della Valle di Scalve furono quasi sempre legate alla sorte più o meno florida dell'industria mineraria. Ad essa fu legato anche il fenomeno di emigrazione o immigrazione della popolazione valligiana. Solamente alla fine degli anni '20 le miniere di Colere tornarono a lavorare a pieno regime, e per la prima volta con l'utilizzo di perforatori ad aria compressa e teleferiche adibite al trasporto a valle del minerale. La storia dell'estrazione mineraria a Colere conobbe la sua fine negli ultimi anni '70 non per esaurimento del minerale, ma per eccessivi costi di trasporto e della manodopera.